Grazie al FAI riapre Villa Necchi Campiglio

Il 28 maggio, dopo ben tre anni di restauro a cura del FAI, è stata riaperta al pubblico Villa Necchi Campiglio, un capolavoro dell’architettura razionalista, situata nel pieno centro di Milano (facilmente raggiungibile con i mezzi: MM1 Palestro, percorrete via Serbelloni e arrivate davanti alla proprietà in Via Mozart, 12).

La casa di Via Mozart è stata realizzata tra il 1932 e il 1935 su progetto dell’architetto Piero Portaluppi per volere della famiglia Necchi Campiglio, composta dalle due sorelle Gigina e Nedda Necchi (quelle delle macchine per cucire), e dal marito di quest’ultima, Angelo Campiglio.

La villa si articola in ambienti spaziosi disposti su due piani: la visita guidata si snoda lungo un percorso di circa 45 minuti, comprendente hall, biblioteca, salone, veranda, studio, fumoir, sala da pranzo, primo e secondo office, fuciliera, per il piano terra. Al piano superiore sono situati atrio e galleria, camera da letto e bagno di Angelo Campiglio e Gigina Necchi, camera da letto e bagno di Nedda Necchi, oltre alla camera da letto degli ospiti (detta “camera del principe”, così denominata in onore del Principe Enrico d’Assia, ospite fisso della famiglia nel corso dei frequenti soggiorni a Milano dovuti all’attività di scenografo presso il teatro La Scala), alla Collezione Alighiero ed Emilietta De Micheli (già camera da letto “della principessa”, destinata a Maria Gabriella di Savoia, amica delle sorelle Necchi) e infine al guardaroba.   

Oltre alle soluzioni architettoniche, sono estremamente importanti le opere d’arte conservate nei vari ambienti abitativi, che fanno della villa una vera e propria casa-museo: si spazia dalle sculture di Arturo Martini, Marino Marini e Adolfo Wildt, ai dipinti di Mario Sironi, Giorgio De Chirico, Alberto Savinio, Filippo De Pisis, Felice Casorati e Carlo Carrà – per nominare solo i più celebri tra gli artisti della prima metà del Novecento – fino alle tele di scuola veneziana esposte nella sala dedicata alla suddetta Collezione De Micheli, tra cui spiccano una veduta di Canaletto e un bozzetto di Giambattista Tiepolo.

Non vi tedio con ciò che mi ricordo di ogni ambiente, perché richiederebbe troppo tempo: personalmente ho trovato stupende la biblioteca, la veranda e la sala da pranzo, soprattutto per gli arredi, tutti realizzati in materiali ricercati e preziosi (nella veranda mi ha colpita particolarmente un tavolo in lapislazzuli, oltre alle grate scorrevoli in alpacca; per non parlare del centrotavola in lapislazzuli, agata e corallo che si può ammirare in sala da pranzo). All’interno della villa ogni singolo elemento progettato con la massima cura da Portaluppi – sebbene alcune sale siano dovute all’architetto Buzzi, che applica un gusto evidentemente più decorativo alla Luigi XVI – ci trasmette ancora oggi l’idea della ricchezza della famiglia Necchi Campiglio, ma anche della praticità e del comfort richiesti dalla committenza. Direi che le parole chiave che dovrebbero guidare alla visita sono la funzionalità nell’agiatezza.

Non c’è che dire, per me è un gioiello nel cuore di Milano. Non ho mai visto una cosa simile, per cui consiglio vivamente a tutti la visita. Per gli orari e i costi, tutte le informazioni si trovano facilmente sul sito del FAI (www.fondoambiente.it), oltre ad una bellissima photogallery. Per ringraziarci del volontariato durante le Giornate di Primavera, ci è stata offerta una visita guidata gratuita: normalmente costerebbe 6 € per gli adulti, ma la mia disponibilità a pagare arriverebbe fino a 10 € in questo caso straordinario.

Vorrei infine ricordare che è in programma l’istituzione di una CaseMuseoCard della durata di sei mesi, per ammirare il Museo Poldi Pezzoli, la Casa Bagatti Valsecchi, la Collezione Boschi Di Stefano (merita anche questa; è ad ingresso gratuito; situata in un palazzo anni Trenta progettato da Piero Portaluppi, custodisce capolavori dei futuristi, di De Chirico, Savinio, Fontana e gli spazialisti, Manzoni e tanti altri; via Giorgio Jan, 15, MM1 Lima) e la Villa Necchi Campiglio.

 

Francesca TROVALUSCI           

Zerodisegno

Volevo segnalarvi una mostra che si è inaugurata il 5 maggio a Palazzo Monferrato di Alessandria, la mostra “Zerodisegno, dalla bicicletta a Mimmo Rotella, un secolo di creatività in Quattrocchio”. Questa è la prima delle mostre -vetrine di “Made in AL” marchio ideato dalla società Palazzo del Monferrato di Alessandria che intende celebrare ogni anno un’azienda alessandrina di successo, dedicandole sapzio e visibilità. Tutto questo attraverso una mostra nella quale viene esposto il prodotto e raccontata con immagini e testi la storia dell’azienda.

Quest’anno si celebra l’azienda Quattrocchio che aprì nel 1918 producendo biciclette : un imprenditore, Quattrocchio appunto, che si distinse da subito per la sua apertura e creatività registrando anche un marchio altamente artistico. Sarà poi il nipote Carlo Poggio, amante del design, e che rivisitando e ampliando ultreriormente l’attività punta ad un mercato di nicchia e attraverso la collaborazione con designers famosi iniziò a produrre mobili e complementi d’arredo d’autore. Nuovi prodotti, altamente impegnati di creatività ed emotività: una linea a cui viene dato il nome di ” i sogni di Zerodisegno” frutto dell’intensa collaborazione con grandi designer come De Pas, D’Urbino, Lo Mazzi, Lupi, Santachiara, Ferreri, Raschid. Da qui la mostra ” Zerodisegno” che ripercorre la storia dell’azienda partendo dalla bicicletta, dal marchio e dal design raffinato della Quattrocchio, per arrivare a Mimmo Rotella con cui Carlo Poggio ha collaborato nella creazione della linea di arredamento anch’essa esposta in gran parte.

Come ha sottolineato il Presidente di Palazzo del Monferrato il design è stato un filo conduttore che quest’anno ha collegato anche altre mostre alessandrine come quella di Patrizia Scarzella e Maddalena Sisto.

A parere mio : mostra breve ma intensa e ispiratrice di forte creatività e fantasia capace di unire passato e contemporaneo.

La mostra sarà aperta al pubblico dal 6 maggio al 6 giugno, tutti i giorni tranne il lunedì, dalle 16 alle 20 con ingresso gratuito nella sede di Palazzo del Monferrato, in via San Lorenzo 21 in Alessandria.

Elena Bormida

incontro con Andrea Kerbaker

Forse avete notato che il Prof. Kerbaker ha inserito un commento con una proposta di dialogo diretto con voi. Lo ringrazio, perché mi sembra un’ottima opportunità per gli studenti e quindi vorrei sostenere l’idea. Come sapete, credo che il valore di un corso vada ben al di là del meccanismo lezioni-esame (a proposito, temo che il correggere l’imprevedibile mole dei vostri test mi impegnerà per più tempo del previsto… presto scriverò qui in merito).

Mi rivolgo direttamente ad Andrea kerbaker, poiché anche lui è docente in Cattolica, per l’organizzazione di un incontro. Purtroppo il mio corso è terminato, forse il suo no: in ogni caso possiamo provare a chiedere all’università un’aula per favorire l’incontro, cui suggerirei potessero partecipare gli studenti dei corsi di entrambi. Nell’attesa di capire se sarà possibile (ci sentiremo noi due via e-mail, la mia è dario.villa@unicatt.it), suggerisco che gli studenti inizino a raccogliere qui, come commenti a questo post, le domande che vorrebbero rivolgere al Prof. Kerbaker. In questo modo, otterremo un duplice scopo: da un lato, inizieremo a raccogliere i temi più “caldi” in maniera sistematica; dall’altro, salvaguarderemo l’ipotesi di un dibattito telematico (laddove si rivelasse poi problematico farne uno faccia a faccia).

Grazie a tutti.

A proposito di Barenboim

La musica risveglia il tempo

Daniel barenboim, La musica sveglia il tempo, Feltrinelli, 2007, p. 185, 15,00€

A proposito dell’incontro con barenboim…

Un bel libro. Un bel libro diviso in due parti: la prima “più meravigliosa”, squisitamente musicale, “teoria dell’interpretazione per i non addetti ai lavori”, alcuni hanno detto. La seconda è la storia di un’orchestra, di un’integrazione, di un avventura. Poco più di 120 pagine (esclusa l’appendice) scritte con chiarezza e con amore. Per musicisti, per non musicisti.

Io l’ho letto in un mese. A voler essere precisi, l’ho letto in un paio di viaggi in treno, e poi ancora per un mese intero, ma solo parzialmente. Sarò in aula magna a farmi autografare la prima metà del libro, quella piena di foglietti, di sottolineature, di note a margine, di aggiunte, di pensieri personali, di passioni. La parte squisitamente astratta, quella che parla di musica, non di politica.

 

   “Questo non è un libro per musicisti o per non musicisti, è piuttosto un libro per le menti curiose di scoprire la corrispondenza tra musica e vita, e la saggezza che diventa comprensibile all’orecchio pensante. Tali scoperte non sono privilegi riservati ai musicisti di grande talento che fin dalla tenera età ricevono una educazione musicale, nè una torre d’avorio od un lusso riservato ai ricchi; sono convinto che sviluppare l’intelligenza dell’orecchio sia una necessità fondamentale”

La cultura deve rendere (?)

Vi riporto il secondo paragrafo del capito quarto Economia e cultura da un libro estremamente interessante di Mariella Zoppi, Beni culturali e comunità locali, Electa, Milano, 2007. 

È un libro molto recente e presenta riflessioni efficaci. Qui l’autrice parla del rapporto tra economia e cultura, riallacciandosi alla visione di Settis (Mariella Zoppi è dal 1986 professore ordinario di urbanistica alla facoltà di Architettura di Firenze, di cui è stata preside dal 1990 al 1994), ma in modo più propositivo, esprimendo una concezione di territorio meno utopistica di De Varine e orientata ad una visione gestionale immensamente meno banale di quella di Kerbaker.

Ultima cosa. Questo libro, come quello che avevo già citato di Settis, appartiene ad una collana stupenda dal titolo Electa per le Belle Arti. Per chi fosse interessato, molti libri sono in vendita al bookshop della Pinacoteca di Brera, ma ancora più fornito è quello della GNAM di Roma. Mi rendo conto che è un po’ più lontano, ma vi assicuro che trovereste libri interessanti. Se capitate a Roma, visitate la Galleria Nazionale d’Arte Moderna perché merita davvero. Se mostrate il libretto di Storia dell’Arte, Scienze dei Beni Culturali e credo anche quello dell’interfacoltà, entrate gratis e non pagate neppure le mostre temporanee. Vi ho sottolineato quello che mi sembra più significativo.

La cultura deve rendere

Siamo di fronte a un dilemma: da una parte la cultura costa e questo è di certo un problema nella contingenza economica del paese, ma d’altra parte la cultura è una particolarità che fa dell’Italia in tutto il mondo una terra attrattiva e attraente per uomini e merci (made in Italy, turismo culturale, prodotti di lusso e di alta qualità). Una peculiarità che rende necessario investire in cultura, conservare il nostro patrimonio, proteggere il nostro paesaggio. Ma non può ridursi solo a questo, la cultura non è solo un passato da studiare e mostrare, è soprattutto un presente da vivere, la capacità di esprimerlo e di concretizzarlo in esperienze creative, in grado di far germogliare i semi del futuro, un’esperienza che potrà essere tanto più ricca per quanto saprà avvalersi della consapevolezza e della vastità della sua storia. Per questo investire in cultura non può essere ristretto alla sola protezione del patrimonio, né tanto meno deve avere il significato di spesa a “fondo perduto”, ma deve avere tutte le caratteristiche della spesa di investimento. Niente, infatti, è potenzialmente più redditizio. Investire in conoscenza è già di per sé un investimento produttivo, e non si può banalizzare riducendolo ad un errato sillogismo: se la cultura è una ricchezza del paese, come ogni ricchezza deve produrre reddito e lo deve, preferibilmente, produrre nel breve e medio periodo. Niente è più sbagliato, superficiale e pericoloso. […] Va evidenziata la vischiosità di questa impostazione che vede il patrimonio culturale come un insieme statico che non ha bisogno di riprodursi e alimentarsi, ma solo di essere conservato per essere fruito (non a caso la parola “fruizione” si è recentemente affiancata anche per il legislatore ai più antichi termini di valorizzazione e gestione) ovvero usato e sfruttato. Una prassi che, ricondotta a obbiettivi puramente economici, può essere pericolosa se è rivolta esclusivamente al breve periodo senza curarsi della crescita culturale del paese, né di un futuro che potrebbe essere consumatore di se stesso, e quindi perdente a lunga scadenza. […] La centralità dell’interesse, il focus strategico della politica sui beni culturali non risiede nel patrimonio culturale in quanto tale, ma nella coesione tra beni, infrastrutture e attività culturali che devono essere continuamente alimentate, pena il declino proprio di quelle “derivate” che producono reddito, ovvero delle economie collegate (ospitalità, commercio, ristorazione) che sono una conseguenza e non l’elemento di messa in moto del sistema. Il binomio beni-attività è dunque il tema strategico da affrontare e implica lo studio e la messa in rete di tutte quelle relazioni che legano monumenti, attività creative, paesaggio e territorio. In breve, significa portare a sistema e connettere le buone pratiche esistenti, previste o prevedibili: questa è un’esigenza, anzi un’urgenza, del paese.

Nella ricerca di una crescita culturale dell’Italia, non va trascurato nessun aspetto, non va disprezzato né demonizzato nulla: dalla piccola mostra d’arte alle manifestazioni nazional-popolari, dal restauro sofisticato di una pala trecentesca alla riorganizzazione dei musei e delle biblioteche o al recupero di tradizioni popolari che si vanno perdendo. Tutto concorre alla composizione e alla continuità di vita del patrimonio: conservare per tramandarlo in modo attivo fa parte di quel binomio “diritto-dovere” che è connaturato alla cultura. Infatti se la cultura è un diritto, come ogni diritto va da una parte garantito e dall’altra parte consapevolmente acquisito ed esercitato. Questo significa organizzare e creare un sistema di relazioni complesse e non lasciarlo alla deriva con poche risorse, con episodiche priorità, qualche clientela e benevolenza elargita, mantenendo una marea di problemi irrisolti affidati a un personale insufficiente, magari qualificato, ma tenuto in condizioni di marginalizzazione se non di precarietà, all’interno di una logica che vede la cultura come parte del tempo libero e non cardine essenziale della formazione individuale e sociale di tutti i cittadini. 

Francesca TROVALUSCI – LS Storia dell’Arte

 

L’impossibile è più facile del difficile

Vi segnalo questo prestigioso evento: partecipare numerosi sarà un importante segno di sostegno al nostro corso di laurea.

Celebrazioni per il 60° anno della Facoltà di Economia

L’Impossibile è più facile del difficile

Incontro con il Maestro

Daniel Barenboim

e la

West-Eastern Divan Orchestra

Aula magna

12 giugno 2008 ore 18

Il M° Daniel Barenboim è uno dei massimi musicisti al livello internazionale. Nato a Buenos Aires nel 1942, riceve le prime lezioni di pianoforte a cinque anni e dà il suo primo concerto pubblico a sette anni. Nel 1952 si trasferisce in Israele con i genitori. A undici anni segue le lezioni di direzione d’orchestra tenute a Salisburgo da Igor Markévitch. Durante quella estate incontra anche Wilhelm Furtwängler e suona per lui. Furtwängler scrive allora: “L’undicenne Daniel Barenboim è un fenomeno”.

A dieci anni debutta in sede internazionale come pianista a Vienna, Roma, Parigi (1955), Londra (1956) e New York (1957). Da allora effettua tournées in Europa, e negli Stati Uniti, ma anche in Sud America, Australia e Estremo Oriente.

Nel 1954 inizia la sua carrire discografica come pianista. Negli anni Sessanta registra i Concerti per pianoforte di Beethoven con Otto Klemperer, di Brahms con John Barbirolli nonché tutti quelli di Mozart con la English Chamber Orchestra, in questo caso sia come pianista sia come direttore.

Fin dal suo debutto come direttore nel 1967 a Londra con la Philharmonia Orchestra, è molto richiesto in tutto il mondo. Fra il 1975 e il 1989 è direttore principale dell’Orchestre de Paris dove sovente programma lavori di compositori contemporanei quali Lutoslawski, Berio, Boulez, Henze, Dutilleux.

Debutta come direttore operistico al Festival di Edimburgo nel1973 con Don Giovanni di Mozart. Nel 1981 dirige per la prima volta a Bayreuth dove tornerà ogni estate per diciotto anni fino al 1999. In questo periodo dirige Tristan und Isolde, Der Ring des Nibelungen, Parsifal e Dei Meistersinger von Nurnberg di Wagner.

Dal 1991 è direttore principale della Chicago Symphony Orchestra e dal 1992 direttore musicale generale della Deutsche Staatsoper di Berlino.

Nel 2000 la Staatskapelle di Berlino lo proclama direttore principale a vita.

Sia nel repertorio operistico che in quello sinfonico Daniel Barenboim e la Staatskapelle lavorano a vasti cicli compositivi. Elogi internazionali salutano sia la rappresentazione ciclica di tutte le opere di Richard Wagner alla Staatsoper di Berlino sia la presentazione di tutte le Sinfonie di Beethoven e di Schumann, eseguite non solo a Berlino, ma anche a Vienna, New York e Tokyo.

Nel 2005 Barenboim fonda con i musicisti della Staatskapelle un “kindergarten musicale”.

Durante il 2007 ha eseguito tutte le sinfonie di Mahler.

Nel 1999 Daniel Barenboim fonda,assieme al letterario palestinese Edward Said, il West-Eastern Divan Workshop che ogni estate riunisce giovani musicisti di Israele e dei Pesi arabi per suonare musica insieme.

Nell’estate 2005 l’Orchestra presenta nella città palestinese di Ramallah un concerto di alto significato storico, trasmesso in televisione. Il workshop cerca di stabilire un dialogo fra le varie culture del Medio Oriente e di promuovere l’esperienza di “suonare insieme”.

Nel 2002 Daniel Barenboim e Edward Said ottengono il Principe de Asturia Prize nella città spagnola di Oviedo per i loro tentativi di pace.

Nel novembre dello stesso anno Daniel Barenboim ottiene il Tolerance Preis dalla Evangelische Akademie Tutsing come pure il “Großes Verdienstkreuz mit Stern” della Germania. Nel 2004 viene onorato per il suo lavoro di riconciliazione in Medio Oriente dal Deutscher Koordinierungs-Rat con la Buber-Rosenzweig-Medaille. Nel marzo 2004 è insignito dello Isreale Wolf Foundation’s Art Prize nella Knesset di Gerusalemme. Nella primavera 2006 gli viene consegnato il “Kulturgroschen”, il più alto onore concesso dal Deutscher Kulturrat. In maggio riceve l’International Ernst von Siemens Musikpreis nel corso di una cerimonia a Vienna. Nello stesso mese, a Francoforte, viene insignito del “premio per la pace “della “Geschwister Korn undGerstenmann-Stiftung”. A inizio febbraio 2007, a Wiesbaden, ottiene il “Hessischer Friedenpres 2006”. Nel marzo dello stesso anno gli viene consegnata la “Goethe Medaille”. Nello stesso mese il Presidente francese Jacques Chirac gli consegna a Berlino “la Cravate de Commandeur dans l’Ordre National de la Légion d’honneur”.

Con l’inizio della stagione 2007-08 del Teatro alla Scala inizia anche per Barenboim un periodo di stretta collaborazione con la Scale dove diventa Maestro Scaligero e inaugura la Stagione con il Tristan Und Isolde.

Dopo l’incontro in Università Cattolica, ultimerà alla Scala il ciclo delle sonate di Beethoven che sta tenendo contemporaneamente nel teatro milanese e al Barbican di Londra e debutterà, dopo il successo ottenuto a Berlino, con il Giocatore di Prokof’ev.

La West-Eastern Divan è una orchestra formata da giovani musicisti professionisti provenienti dallo Stato di Israele e da paesi arabi del Medioriente (Palestina, Siria, Giordania, Arabia, Egitto) e integrata da giovani colleghi spagnoli. E’ stata fondata nel 1999 dal maestro israelo-argentino Daniel Barenboim e dal filosofo palestinese-statunitense Edward Said (poi scomparso nel 2005) al preciso scopo di dare una possibilità ai musicisti che ne fanno parte di entrare in contatto tra loro e di dialogare con l’universo umano, sociale politico e culturale dei loro colleghi: una possibilità che l’attuale situazione politica non renderebbe loro possibile. Perciò l’orchestra si è data il nome “Divano occidentale-orientale”, ispirandosi al titolo di una raccolta di poesie di Goethe, che tra il 1814 e il 1817 aveva vissuto una nuova primavera creativa, grazie alla scoperta dell’Islam e allo studio della grande poesia persiana di Hâfez (XIV sec.). Il risultato di questi anni di esplorazione appassionata fu la raccolta di poesia Il Divano occidentale-orientale, un titolo che rendeva omaggio alla summa della poesia di Hâfez, il Divan appunto, che in persiano significava “canzoniere”, nella quale due culture diverse ma non antitetiche, quella occidentale e quella orientale appunto, si completano l’una nell’altra.

L’iniziativa ha ricevuto il sostegno logistico e finanziario dapprima dalla città tedesca di Weimar, poi dalla Junta de Andalucia, dove i quasi cento musicisti si danno appuntamento ogni estate per lavorare in un workshop con professori provenienti dalle migliori orchestre europee e per preparare un programma da concerto da effettuarsi poi in tournée nei mesi di agosto e settembre. Mentre godono dell’opportunità di una autentica crescita professionale, dimostrata dalle numerose incisioni discografiche e videografiche, i giovani professori d’orchestra imparano, attraverso la musica, ad ascoltare e a far convivere una polifonia di voci diverse (umane, religiose, politiche, culturali) in un modo che i fautori dell’iniziativa ritengono più efficace, seppur non sostitutivo, dei colloqui di pace che intercorrono tra le delegazioni diplomatiche dei rispettivi paesi: un modo insomma di conoscersi e rispettarsi, pur mantenendo le diversità, che costituisce il miglior fondamento di ogni politica di pace nell’area del Medioriente.

Dal 1999 a oggi, l’orchestra ha effettuato concerti in ogni parte d’Europa (anche in Italia, alla Scala, nel settembre 2006) e nelle Americhe. Un particolare traguardo simbolico ha rappresentato per il “Divano” l’effettuazione del concerto a Ramallah, in Palestina, nell’agosto 2005, proprio mentre era in corso il ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia di Gaza: un avvenimento costruito tra mille difficoltà logistiche ma che ha permesso di lasciare un segno duraturo di convivenza e tolleranza in una città martoriata dalle scorribande terroristico-militari.

Tutti i concerti del “Divano” sono diretti da Daniel Barenboim. Con l’orchestra hanno suonato anche solisti di fama internazionale come il violoncellista Yo Yo Ma.

L’iniziativa è stata curata dal Corso di Laurea in Economia e Gestione dei Beni Culturali e dello spettacolo, interfacoltà tra Economia e Lettere e Filosofia e prevede anche che l’Università Cattolica del S.Cuore contribuisca attivamente a seguire e a incentivare il lavoro dei ragazzi della West-Eastern Divan Orchestra attraverso il conferimento di una borsa di studio per il sostegno della formazione di uno degli orchestrali.

Per motivi organizzativi, si prega di confermare la propria partecipazione all’ufficio manifestazioni 02.72343848.

Museo dei Muratori !!!

Sfogliando un quotidiano locale mi sono trovato di fronte, fresco di studio del manuale di de Varine, questo articolo: “Un museo per i muratori, è il primo d’Italia”….”la raccolta, inaugurata a Carenno (Lecco), un tempo considerato la patria dei maestri dell’edilizia”….”Attrezzi, documenti e immagini recuperati secondo le tecniche della  tradizione”.

http://www.ecodibergamo.it/EcoOnLine/CRONACA/2008/05/19_MuseoMuratori.shtml

Non ho avuto ancora il tempo di lanciarmi in questa visita che, seppure un pò insolita, mi incuriosisce molto, e spero anche a tutti Voi.

Schiavi Gian mario

 

il Louvre,capolavori a Verona. Ritratti e figure

Contributo di raissa chinello,:

ciao, volevo segnalarvi un’iniziativa molto interessante!
“il Louvre,capolavori a Verona. Ritratti e figure”
Verona
Palazzo della Gran Guardia
19settembre 2008 al 15 febbraio 2009

È grazie alla collaborazione del Louvre, uno dei più prestigiosi musei del mondo, della Città di Verona e di Linea d’ombra che si è potuta organizzare quest’esposizione davvero senza pari. Vi sono raccolti più di un centinaio di capolavori provenienti dai Dipartimenti di Pittura, Scultura e Arti grafiche della grande Istituzione parigina. Tuttavia non si è trattato di concepire una mostra che riunisse, senza rapporto tra di essi, una successione di quadri importanti sotto il titolo Capolavori dal Museo del Louvre. Il nostro lavoro di studio e ricerca ci ha portati a individuare un tema che permettesse di sviluppare in maniera scientifica una tesi al servizio della storia dell’arte. I risultati di questo lavoro saranno contenuti nel catalogo, che verrà pubblicato in occasione della mostra e si tradurranno in un corpus di saggi che testimonieranno delle ricerche nostre e degli studiosi invitati.
L’esposizione si sviluppa attorno al tema della figura umana e del ritratto e si suddivide in cinque sezioni nelle quali dialogano quadri, sculture e disegni dalla fine del XV secolo alla prima parte del XIX. Queste opere si legano, sala dopo sala, non in base a un criterio cronologico, ma in maniera tematica e sensibile, guidate dal denominatore comune della “Bellezza” nel senso ampio del termine e per quanto esso appartiene alla sfera del tragico e della meraviglia. Le cinque sezioni comprendono circa 140 opere, in maggioranza quadri; il percorso inizia con la rappresentazione della società, nell’espressione del suo realismo ma anche con connotazioni fantastiche e di allegoria che alcuni pittori hanno saputo realizzare. Dopo il fasto del ritratto ufficiale, la mostra prosegue con l’evocazione dell’intimità, sia essa profana o sacra. Da una rappresentazione molto esteriore, incentrata sugli aspetti sociali, si procede quindi verso un mondo fatto di silenzio e riflessione per arrivare, nella quarta sezione, al ritratto dell’anima. Quest’ultimo ci rivela sia l’emozione o il dolore espressi dal volto sia l’immagine di un corpo sofferente o in estasi, espressione dunque del sentire dell’anima. L’ultima parte dell’esposizione ci guida infine al silenzioso ritratto della morte, tanto in campo mitologico che religioso.
Ma, al di là della tematica, è necessario insistere sul carattere di eccezionalità dei prestiti concessi dal Musée du Louvre. Primo fra tutti, l’arrivo a Verona di quel capolavoro assoluto che è La Belle Ferronnière di Leonardo da Vinci e che, da solo, rappresenta un avvenimento a sé. Il quadro lascia per la prima volta le pareti del Louvre e solo la sua esposizione al Palazzo della Gran Guardia costituisce un evento espositivo; anche il celebre Ritratto d’uomo di Sandro Botticelli è concesso in prestito per la prima volta. Vorremmo insistere sul fatto che un numero così ampio di capolavori, appartenenti a uno stesso museo e riuniti contemporaneamente in occasione di un’unica esposizione, è realmente un fatto eccezionale. Solo per ricordare alcuni artisti basti citare Tiziano, Veronese, Botticelli, Raffaello, El Greco, Goya, David, Ingres, Fragonard, Géricault, Bronzino, Carracci, Rubens, Velázquez, Van Dyck, Rembrandt, Poussin, de la Tour, Tintoretto, Reni, Holbein, Cranach, Dürer, Tiepolo, Guercino, Bernini, Ribera. Ed è solamente una parte degli artisti presenti, sia nella pittura come nella scultura e nel disegno.
http://www.linedombra.it

se siete interessati all’evento, potremmo organizzare una visita colletiva.

FESTA DI SANTA GIULIA

Volevo segnalarvi un appuntamento consueto di questi ultimi anni: Domenica 25 maggio, a Brescia, si terrà la Festa di Santa Giulia. Si tratta di un’iniziativa culturale promossa dalla Provincia di Brescia che invita tutte le associazioni artistiche, culturali in genere, musei, fondazioni e quant’altro (della provincia) ad esporre il proprio materiale informativo e ad organizzarsi con gazebi dislocati su tutta la lunga via Musei, una delle zone storiche più belle della città. La manifestazione prende il nome dal grandioso complesso di edifici che costituiva un tempo il magnifico monastero benedettino femminile di Santa Giulia, fondato nel 753 d.C. dal re longobardo Desiderio. Al monastero vi è annassa la stupenda basilica di San Salvatore risalente all’ VIII secolo d.C..
L’imponente costruzione sorge proprio nella zona nord-orientale della città antica (attuale via Musei) dove, nel corso dei secoli, si sono sovrapposte e stratificate notevoli testimonianze archeologiche e monumentali. Il monastero, adibito oggi a museo, presenta esposizioni di vari periodi storici: antico, celtico, romano, longobardo, comunale, fino all’occupazione veneta. Sono in mostra anche le raccolte che provengono dalle donazioni di grandi ed antiche collezioni private.
Insomma, domenica se siete in zona approfittatene sia per visitare il monastero che per partecipare alla manifestazione…non ne rimarrete delusi!!!!
Ilaria Mirani

“Formidabili quegli anni”

Volevo segnalare la lettura di questo libro: “Formidabili quegli anni” di Mario Capanna.

Non riguarda fondamentalmente ne i beni culturali ne l’economia ma, rifacendomi un pò alle idee di de Varine, ritengo possa essere interessante leggerlo nel 40° anniversario degli avvenimenti del ’68, senza per questo voler entrare in merito all’ ancora attuale dibattito tra l’autore e il rettore dell’università.

Sopratutto per chi come il sottoscritto non è milanese, ritengo interessante cercare di conoscere i fatti che si son sviluppati proprio nei chiostri della “nostra” Università Cattolica, patrimonio della memoria questo che non deve essere dimenticato.

Rimarco ciò grazie anche ad uno spettacolo di teatro-canzone interpretato da Giulio Casale da poco in circolazione con il titolo omonimo che riprende gli stessi argomenti e li amplifica ed approfondisce spostando l’attenzione, grazie anche all’ausilio della musica, sul fatto di conoscere il proprio passato per poi poter meglio sviluppare il proprio futuro.

Grazie per l’attenzione

Schiavi Gian mario