il bisogno di cultura e la didattica museale

Come affermato a lezione, l’educazione, la ricreazione, la ricerca, la conservazione e il consumo sono i principali bisogni che stimolano la domanda di beni culturali. Analizzando in particolare il bisogno di un consumo di cultura, è evidente che i fattori che più lo condizionano sono quelli indotti dalle passate esperienze culturali che ognuno di noi ha vissuto, spinto da motivazioni personali o influenzato dalle abitudini del proprio gruppo sociale di appartenenza. La domanda di beni culturali è dunque qualcosa che deve essere indotta, stimolata e coltivata nel tempo in quanto, come affermato da Pierre Bourdieu, «un adulto non entrerà mai in un museo se non lo ha fatto almeno una volta da bambino». Date queste premesse, la principale preoccupazione delle istituzioni museali dovrebbe essere quella di stimolare il bisogno di cultura della comunità sociale di riferimento, iniziando proprio dai bambini.

In linea con la definizione di museo dell’ICOM* infatti, le istituzioni museali non devono limitarsi a custodire le testimonianze dell’uomo e del suo ambiente, ma devono anche comunicarle ed esporle ai fini educativi. Il museo diviene così uno spazio di conoscenza per l’intera comunità e l’opera d’arte, in questo contesto educativo, si configura come uno strumento di apprendimento. È proprio a partire dagli anni ’60 e ’70, in contemporanea alla intensificazione del dibattito sulla questione dell’apertura dei musei al grande pubblico, che si arriva a concreti impegni e numerose iniziative per la valorizzazione del patrimonio culturale italiano e per un rinnovamento del sistema educativo nazionale. Si apre così la strada per il costituirsi della Didattica museale: presso i grandi musei si creano sezioni didattiche, le scuole vengono sollecitate a visitare i musei, le scolaresche vengono accolte con appositi servizi educativi; anche gli Enti locali concorrono a questo grande movimento culturale offrendo un contributo insostituibile per la conoscenza del nostro patrimonio culturale “diffuso”. Parole chiave del museo diventano quindi “trasmissione” e “relazione” con il pubblico e in particolare con i bambini, questo attraverso diversi strumenti (l’opera d’arte, l’audio guida o le visite guidate, il laboratorio, la rappresentazione teatrale) e attraverso una figura professionale in particolare, quella dell’educatore museale che associa la dimensione creativa dei bambini a quella cognitiva ed espressivo-sperimentale.

Un esempio vincente di didattica museale fa riferimento al Museo Poldi Pezzoli di Milano che, tra le molte iniziative destinate ai bambini, ha progettato un’ audioguida dalla forma maneggevole e facile da usare con una voce di un “fantasmino” pronto a spiegare chi era Gian Giacomo Poldi Pezzoli e da quali opere è composta la collezione. Attraverso questo strumento, pur non lasciando solo il bambino in un momento formativo importante quale è quello della visita, il Museo offre nello stesso tempo al piccolo visitatore la possibilità di vivere questa esperienza in maniera autonoma, divertente e innovativa. Il successo dei servizi didattici non è però dato solo dalla qualità contenutistica di questi ma è determinato perlopiù dalla capacità del museo di instaurare con famiglie e insegnanti un rapporto sinergico dettato dalla volontà di mettersi in gioco capendo la fondamentale importanza di queste esperienze per la crescita culturale della società. E questo costituisce il punto critico e dolente della questione…

* Definizione di Museo dell’ICOM: “Il museo è un istituzione permanente, senza scopo di lucro, al servizio della società e del suo sviluppo. È aperto al pubblico e compie ricerche che riguardano le testimonianze materiali e immateriali dell’umanità e del suo ambiente; le acquisisce, le conserva, le comunica e, soprattutto, le espone ai fini si studio, educazione e diletto”. Torneremo in ogni caso a parlare di musei nella lezione a essi dedicata.