Paolo Frediani; Matr 3509432
Con mostruoso ritardo pubblico qui un resoconto delle visite da me effettuate in occasione della giornata del FAI.
PALAZZO MONDADORI
Se informazione e pubblicizzazione della giornata le ho trovate buone, tuttavia il drappello di persone che, come me ed i miei amici, si sono raccolte davanti all’ingresso automobili del Palazzo Mondadori senza sapere se sarebbero entrate o meno alimenta il sospetto che – al di la delle mie mancanze – sulla questione “prenotazione obbligatoria” si sarebbero potuti spendere un po’ di più. In ogni caso, l’organizzazione ci è venuta incontro e siamo entrati tutti. Nasce quasi il sospetto (soprattutto facendo il paragone con l’apertura di altri edifici di cui mi han parlato) che ci sia stata una collaborazione (anche e soprattutto in termini finanziari) tra FAI e Mondadori (o forse Assicurazioni Generali, che ci è stato spiegato essere il vero proprietario del complesso mentre la Mondadori è in affitto, anche se il tutto è nato per volontà di quest’ultima ed il contributo finanziario delle Generali si può ascrivere all’idea di “investimento immobiliare”). Vi era un massiccio e ben organizzato servizio di sicurezza (fors’anche sproporzionato) e, soprattutto, le visite guidate si succedevano a ciclo continuo, a distanza di un’ora una dall’altra. I visitatori erano scaglionati attraverso la reception in diversi piccoli gruppetti (nei quali non è stato per nulla traumatico l’ingresso di chi non aveva prenotato) tali da rendere estremamente agevole seguire le guide ed anche interagirvi. Nel nostro caso (e presumibilmente non solo), non si trattava del solito studente universitario, ma di un architetto in carriera, con competenze a tutto campo che ha avuto modo di esibire in una chiacchierata privata a fine visita. Abbiamo inoltre saputo che tutte le guide hanno seguito delle lezioni di preparazione, ed in definitiva l’impressione è stata di un’organizzazione di livello e fors’anche costosa.
Nel parlare del palazzo non di può che partire dal contesto: un’ampia distesa di verde, estremamente gradevole e curata, vede al ci centro si trova un laghetto artificiale capace di conferire una forte luminosità all’ambiente e dal quale spicca una stimolante installazione di Pommodoro. E’ questo l’ambiente (installazione a parte presumibilmente) che Oscar Niemeyer ha previsto per il suo ambizioso palazzo. Ambizioso poiché si tratta di un parallelepipedo con facciate a vetrate regolari (come i più tradizionali degli uffici) sospeso in aria ed agganciato (dall’alto) ad una struttura in cemento che appare allo spettatore come un agilissimo colonnato (a distanze irregolari variabili tra i 5 ed i 13 metri) con archi “classici” a tutto sesto. In definitiva un gioiello dell’architettura contemporanea, molto particolare ed ambizioso, che entra di diritto e dalla porta principale nel dibattito architettonico di quegli anni.
Non posso che considerare l’iniziativa un successo del FAI, sia in termini di affluenza che sotto il profilo qualitativo.
CHIESA DI SANT’ANTONIO ABATE
Anche in questo caso si può parlare di un pieno successo per il FAI. Qui nell’organizzazione l’investimento è stato ridotto, ma adatto a gestire l’ampia affluenza testimoniata dalla lunga coda (e favorita probabilmente dalla posizione centrale, nei pressi di via Torino). A gestire l’organizzazione qui sono stati studenti universitari in collaborazione con una decina di ragazzi del liceo classico Beccaria, definiti “aspiranti ciceroni”, di cui ciascuno ha condotto gruppetti di venti persone alla scoperta di questa chiesa esponendo con garbo la lezione perfettamente studiata per l’occasione. Il risultato si è rivelato sicuramente positivo, la coda fluiva decentemente e senza intoppi e la visita è stata piacevole. Inoltre per l’occasione era all’opera anche un organista. Il costo probabilmente è stato pressoché nullo e per gli studenti è stata probabilmente un’esperienza formativa e gratificante.
La chiesa in se è interessante a vedersi. Trattasi di una tipica costruzione manierista di fine 500, con interni pesantemente “decorati” nel tardo barocco e la facciata conclusa nell’800 dal sapore neoclassico. Il risultato è sicuramente curioso… i giudizi di valore sono stati discordanti (raramente entusiastici comunque) ed io me ne lavo le mani.
SEDE SAN PELLEGRINO
Molto interessante è stata anche la visita alla sede della San Pellegrino in Via Lodovico il Moro. Anche qui l’affluenza è stata notevole ma estremamente ben gestita, tra l’altro in modo del tutto analogo rispetto alla chiesa di Sant’Antonio Abate, con la differenza che questa volta gli studenti erano dell’artistico Boccioni.
Non avevo bene le idee chiare prima di arrivare e mi aspettavo di vedere una vecchia fabbrica conservata e “spiegata”. In realtà dei vecchi stabilimenti della Richard Ginori dove sorge la sede dell’azienda sono stati tenuti solo i volumi ed una decina di metri di parete, per il resto è tutto di costruzione recente ad opera di due architetti italiani. La costruzione è piacevole a vedersi, molto sobria, e si inserisce bene nel contesto. Mentre il Palazzo Mondadori l’abbiamo potuto vedere solo dall’esterno, qui siamo potuti entrare anche all’interno, un open-space interamente ruotante intorno al tema dell’acqua. Lampadari a forma di gocce, fotografie di gocce d’acqua, scultura di noto artista giapponese rappresentante l’acqua, sala degustazione acqua, il tutto corredato con piante e giardini pensili a creare un ambiente capace di garantire un’immagine positiva e di prestigio al marchio. Più che all’idea di archeologia industriale, la visita a quest’edificio contemporaneo fa riferimento all’ambito di “arredamento e design”, ed effettivamente questo ambiente a tema che dalla mia descrizione può sembrare buffo o sin anche pacchiano è stato costituito in maniera estremane professionale, con classe e moderazione, creando un risultato assolutamente positivo.
Paolo Frediani
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